era soddisfazione. Non ve ne è un'altra ugualmente bella in tutto il regno di Napoli, e di tante escursioni che
olo. Si hanno a sinistra i monti e le fresche valli, popolate di villaggi, le quali scendono al mare che rimane disotto,
arecchi molini, ed è un paese bruno, d'aspetto bizzarro, con parecchie chiese e cappelle. Sulla spiaggia del mare possiede il suo piccolo porto popolato di barche. Quasi tutti i paesi situati in alto hanno un piccolo borgo alla marin
o pensare ai tempi in cui i Normanni fondarono in queste contrade il loro meraviglioso regno, quel regno c
meridionale; aspre signorie di Greci e di Longobardi, scorrerie continue deg
trovassero per caso in quel momento a Salerno quaranta pellegrini normanni che tornavano di Terra Santa, a bordo di un legno amalfitano. Domandarono subito armi, si precipitarono fuori della porta ed attaccarono con impeto i mussulmani. I Salernitani, animati dall'esempio, tennero lor dietro, e dopo un sanguinoso combattimento i Saraceni furono sbaragliati e cost
guidati da Dragut. Ciò avvenne in principio del secolo XI e la stirp
enne dell'antico dialetto scandinavo la voce figiakasta, vale a dire de
vessi e tinti di nero. La chiesa piccola e di architettura bizzarra, sorge in un boschetto di aranci. Tutto l'insieme del paese aveva un carattere così esotico, che non si sarebbe mai pensato di essere nel centro d'Europa. Allo splendore di un magnifico sole, le piante e i fi
'esempio in principio dell'anno 836, quando si rivolse, per mezzo del suo console Andrea, agli Arabi, onde avere soccorso e liberarsi dalla signoria di Sicardo principe di Benevento, e quella repubblica, allora fiorente, strinse lega con i Saraceni senza tener conto nè degli anatemi del sommo pontefice, nè delle minacce degli imperatori greco-romani. Tale lega durò circa un mezzo secolo e si narra che a quei tempi il porto di Napoli presentas
e e vi rimasero. Costoro avevano già data a quella località un'impronta tutta moresca che non si è più cancellata. Altri Arabi vennero poi dalla Sicilia, di modo che nel corso del secolo IX tutta quanta la Calabria si trovò in pericolo di diventare mussulmana; a Bari regnava
to. Essi presero pure dimora alle falde del Vesuvio, nei dintorni classici di Pompei, non che sul Garigliano, donde partiva
rono il cristianesimo, altri rimasero al servizio di Ruggero, portando nella bella provincia di Saler
si perdevano nelle nubi, mentre la loro tinta oscura, sotto la sferza del sole che rendeva sempre più azzurre le onde del mare, faceva un grande contrasto con lo splendore di questo e con la limpidezza del cielo. Sorgevano qua e là, sul pendio dei monti, rovine di antich
di una magica tranquillità, ristretti in breve spazio, freschi, ombreggiati e ridenti; si direbbero appartati da tutto il resto del mondo. Non ho veduto luoghi più graziosi. Il primo che s'incontra è Maiori, fondato da Siccardo di Benevento nel secolo IX; il pa
che. Tanta solitudine romantica ricrea l'animo e fa nascere il desiderio di vivere colà tranquilli, o almeno di t
ino, ottimi fichi neri e aranci stupendi. Il sole che splendeva di fuori, quella tranquillità profo
possono contenere quattro persone. Alla tavola della locanda il padrone ci girava attorno con un ventaglio in mano smovendo l'aria, cacciando le mosche e narrando nel suo dia
pe. Questa, forma vicino al paese una verde valletta ed alla sua sommità si presenta il paesetto di Pontone. Sulla sommità delle falde di quei monti tutte rivestite di pini marittimi sorgono antiche torri e castelli. Si scorgono intorno villaggi che giacciono ancora più alti fra vigne e castagneti e dove sarebbe molto faticoso l'arrampicarsi. Oltre Pontone, soprastano Atrani gli altri paesetti di Minuto, Scala, e Ravello. Quest'ultimo è particolarmente notevole per i ricordi dei Saraceni. V
corre un tetto di verdi tralci, da cui pendono i grappoli in abbondanza; nel giardino poi, tenuto con molta cura, crescono i più bei fiori, e tutte le piante meridionali, nella vegetazione rigogliosa del mese di luglio. Sul margine dell'altipiano sorge un belvedere, circondato di statue, invero orribili, le quali però in distanza producono buon effetto. Si gode di là la vista dell'ampiezza del mare, delle coste delle Calabrie con le cime dei loro monti coperte di neve, dell'imponent
ammo tutto ad un tratto in una città moresca, con torri e case di stile arabo, fabbricata di tufo nero solitaria e tranquilla, abbandonata, quasi morta, sopra una verde pendice del monte. Si direbbe che è segregata da tutto il
lonia fiorente di Amalfi che contava trentaseimila abitanti. Ricche famiglie vi avevano introdotto il lusso a cui davano origine le loro relazioni con l'Oriente e il continuo commercio con i Saraceni stabiliti in Sicilia. Fra le più illustri erano annoverate le famiglie degli Afflitti, dei Ragadei, dei Castaldi e sopratutto dei Ruffoli. Si erano fabbricate tutte palazzi di stile moresco, con vasche, con getti d'acqua
il quale lo ha fatto per primo sgombrare dalle macerie. E' addirittura un piccolo Alhambra, uno stupendo edificio a tre piani, che conta più di trecento stanze sostenute tutte da colonne moresche. Le sale sono ornate di rabeschi in puro stile arabo-siculo e un tempo debbono essere state magnifiche. Esistono ancora nei giardini una rotonda di stil
flotte, ben molti anni prima che lo spirito repubblicano, avanzo degli ordinamenti politici greci e romani, risorgesse nell'Italia settentrionale e desse origine alle repubbliche di Pisa, di Genova e di Venezia. Nella prima epoca furono i Romani quelli che spensero il fiore della civiltà nell'Italia meridionale; nella seconda epoca cominciò a venir meno sotto il dominio dei Normanni;
tre sopra a Pesto stava un'ampia nuvola bianca, la quale non tardò a tingersi in rosso acceso. Si sarebbe detto che divampasse in cielo un immenso incendio, la cui luce si proiettasse in mare, sembrando fosse in fiamme tutto quanto il golfo d
il quale possiede un pulpito raro in mosaico ed antiche porte di bronzo e dove si conserva in un'ampolla il sangue di S. Pa
LA DI
la di
romita solitudine. Giampaolo Richter, contemplandola dalla terra ferma, ha paragonato Capri ad una sfinge; la bella isola a me è apparsa simile ad un sarcofago antico, fiancheggiato dalle Eumenidi scarmigliate, su cui campeggiasse la figura di Tiberio. La v
i, con le sue rupi rossastre di roccia calcarea, tagliate a picco. Sull'altura si scorgeva un bruno castello rovinato; qua e là avanzi di batterie e gole aperte di cannoni abbandonati, solitari, già quasi ricoperti dal ginestro selvaggio dai fiori gialli; scogli aspri e ripidi, in cima ai quali svolazzavano falchi di mare e uccell
e giunto in una solitudine selvaggia e romantica insieme. Da quel punto della marina partiva un sentiero ripido e scosceso, che, fra mura di giardini, conduceva alla piccola città. Quei giardini aperti nei seni della rupe erano coltivati a viti, a olivi e ad agrumi, ma la vegetazione ne era meschina, specialmente per chi ne veniva dalla lussureggiante Campania. Anche gli alberi a Capri sembrano eremiti. Si accede alla cittadina per un ponte di legno e per una vecchia porta, dall'aspetto romito, in cui par che regni la pace e s'ignorino le umane necessità. Al
portavano una fune, certo in segno di penitenza. La processione era dedicata alla crittogama. Tutte quelle teste coronate di frondi offrivano un quadro pagano: si sarebbe detta una processione di sacerdoti di Bacco coronati di pampini e diretti ad un tempio di Dionisio. Quasi tutti gli uomini portavano la corona di spine, compresi quelli che non rivestivano l'abito
visitai, perlustrando ogni suo angolo più remoto, ogni sua grotta accessibile, e posi affetto a Capri e ai suoi abitanti, voglio usare a quest'
Tuttavia, tutto il tratto di mare all'intorno è mitologico e ricorda l'Odissea ed il canto delle sirene, le quali traevano alla rovina i naviganti, allorquando dal golfo di Posidonia si accostavano a questi ripidi scogli, sorgenti appena sulle onde. S'ignora di dove vennero i primi abitatori dell'isola, ma molto probabilmente dalla terra ferma e furono i vicini Osci. Si ritiene pure che vi approdassero i Fenici, e ad essi si è attribuita la fondazione delle due città, imperocchè l'isola, parte pian
e di origine greca, e di tipo greco sono le fisonomie distinte e nobili delle donne, di foggia greca i paramenti, l'acconciatura dei loro capelli, ed il modo con cui dispongono il mucadore, sorta di velo col quale sogliono ricoprirsi il capo. Sebbene più tardi i Romani abbiano essi pure posseduta l'isola, tuttora, come a Napoli, in gran parte è sangue greco quello che scorre nelle vene de' suoi abitatori e de
sbarcando la prima volta su questa spiaggia, gli si annunciasse, quale felice presagio, che un vecchio elce disseccato avesse
he cosa vi abbia fatto. Fu senza dubbio negli ultimi anni che soleva venire a Capri. Poco tempo prima di morire, vi trascorse quattro giorni in compagnia di Tiberio e dell'astronomo Trasillo, abbandonandosi interamente al riposo e acquistandovi un ottimo umore, secondo quanto narra Svetonio: ?Allorquando approdò nel golfo di Pozzuoli, era giunto pure colà un legno di Alessandria d'Egitto. I passeggeri e la ciurma indossarono abiti candidi, offrirono sacrifici, cantarono le lodi dell'imperatore, augurandogli lunga vita, commercio, libertà e benessere. Questa cosa gli procurò tanta soddisfazione da fargli distribuire alle persone del suo seguito quattrocento monete d'oro, dopo essersi fatto promettere d'impiegarle unicamente nel fare acquisto di merci provenienti da Alessandria. Anche nei giorni seguenti con
me la tomba d
di fronte, se sapesse di qual poeta fosse il verso; e non av
gaba onorato
ro, i due versi erano eccellenti, l'imperatore proruppe in uno scoppio di risa, e
stano a dare un'idea della vecchiaia serena dell'imperatore, il quale si compiaceva scherzare con gli abitanti del
mpi erano diventati cupi al pari dell'eremita che viveva su quello scoglio; la stor
lice regione mi sembrò quasi un simbolo della storia dell'umanità ed il vasto anfiteatro di Napoli la più profonda poesia della natura. Cupo, solitario, maligno verso la terra beata che si stende a' suoi piedi, al pari del vulcano, l'eremita di Capri dominava un giorno sopra il mondo intero che obbediva alle sue leggi. L'animo suo mostruoso, invaso dal demone della distruzione, non sognava che sentenze di morte, ruine di città, proscrizioni, esil?. La memoria ne dura
uale eremita alla villa di Tiberio e la trovai pure riportata nel libro di Mangone sull'isola. Essa ricorda la tradizione tedesca molto simile dell'imperatore Barbarossa, se non che dubito assai che il popolo desideri vedere tornare in vita Tiberio. Egli venne a Capri nell'anno XXVI dopo la nascita di Cristo, e vi dimorò undici anni, finchè venne a morte a Capo Miseno, dove si era recato per breve tempo. Aveva dedicata l'isola a Venere e l'aveva ornata magnificamente di tutte le divinità dell'Olim
il teatro delle sue orgie, e la
ola: ivi si fece radere per la prima volta la barba, vi vestì la toga e si formò alla scuola di suo zio. Anche Vitellio, l'imperatore crapulone, fu da giovanetto nell'isola, e più tardi, sotto il regno di Commodo, vi vennero mandati in esilio Crispino
Impero romano, passò, come Napoli, in possesso prima dei barbari, poscia dei Greci, e nel secolo IX
Ferdinando re di Sicilia, vi si fortificarono validamente e vi posero a comandante quell'Hudson Lowe che doveva più tardi acquistare sì triste celebrità, come carceriere di Napoleone a S. Elena. Gl'Inglesi tennero l'isola quasi tre anni, fino a che se ne impadronirono i soldati di Murat con u
o, di cui spesso, non senza stupore, ho udito ripetere il nome terribile sulle labbra di allegri ragazzi, intenti a giuocare. Lo si sente ad ogni istante, in qualunque punto dell'isola; si è ormai immedesimato con questa. La storia di quell'uomo la stringe da
uo contrasto che regna a Capri mi ha sempre procurato un grande stupore. L'isola ha tante rocce nude da dare l'impressione di un deserto; ma ha pure grande varietà di tinte, verdura di piante e splendore di fiori. Da questo complesso di deserto e di rocce ne deriva un insieme che ha un aspetto imponente e grazioso ad
ure. La più bella pianta dell'isola, quella per avventura alla quale va debitrice del suo nome, non è affatto il caprifoglio o piede di capra, bensì il cappero, che sorge contro ogni muro, contro ogni rupe, che rallegra co' suoi abbondanti fiori bianchi dai lunghi pistilli violacei. Sulle pendici stesse, gli abitanti con grande lavoro hanno formato a forza di muri piccoli piani, i quali costituiscono i loro campi ed i loro giardini. Ivi crescono abbondanti tutte le piante e tutti i fiori della Campania: gli elci, i gelsi e gli olivi; scarseggiano i pini ed i cipressi, ma vi abbondano per contro le carrubbe, i fichi